DEAR READER
WE FOLLOW EVERY SOUND
City Slang
***
Cherilyn
MacNeil è una
sudafricana sorridente e decisamente eclettica che dal 2006 da vita al progetto
Dear Reader. Nato inizialmente come
nickname per un duo formato con il bassista e produttore Darryl Torr (con lui
ha realizzato The Younger nel 2006 e Replace Why with Funny nel 2009), Dear
Reader è diventata una creatura tutta sua a partire da Idealistic Animals nel 2011. We
Follow Every Sound è il quinto album, ed è in verità una particolare ed
eccentrica rilettura del disco precedente (Rivonia)
in chiave orchestrata (ma la scaletta riprende anche brani del passato). A
sentire lei l’intenzione era quella di catturare il fascino delle vecchie
colonne sonore, dove il pathos e la drammaticità di una sezione d’archi
decisamente evocativa viene controbilanciato dalla sua esuberanza e da una
manciata di brani ormai rodati e di sicuro effetto. Man Of The Book apre lo
show con la sua fisarmonica in primo piano, sa molto di cabaret berlinese, ma
serve più che altro a scaldare i muscoli per la sequenza migliore del disco,
composta da una tesissima Took Them Away
e da una frizzante quanto emotiva Dearheart.
Teller Of Truths calca ancor più la
mano sul clima da soundtrack, con un coro da score di drammone anni cinquanta, il duello piano-violini di WHALE (titolo scritto così, tutto
maiuscolo) appare ben congegnato come anche la linea melodica di Good Hope. Cherilyn stilisticamente ama
vocalizzi e soluzioni estetiche
decisamente barocche, con affinità abbastanza evidenti con Anna Calvi e Regina
Spektor, ma in fin dei conti è anche lei figlia di quell’enorme ceppo di
rock-singer al femminile nate sotto l’ala di Kate Bush, una che si sarebbe
trovata a suo agio in un brano da commedia dell’assurdo come Great White Bear. Non so se sia il disco
giusto per fare la conoscenza di Dear Reader, il suono volutamente (e
spavaldamente) appesantito dalle orchestrazioni rendono We Follow Every Sound un oggetto del tutto atipico anche nella sua
discografia, ma forse proprio per questa sua natura di piccolo The Best
rivisitato, potrebbe davvero essere il punto di partenza più adattp. Resta
forse quel pizzico di autocompiacimento di troppo, che a volte le fa perdere di
vista la canzone in favore del colpo a sorpresa negli arrangiamenti (in Cruelty On Beauty On ad esempio si
esagera un po’ nel riempire tutti gli spazi), ma per gli amanti del melò in
formato rock il disco potrebbe essere una piacevole sorpresa.
Nicola Gervasini